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Giustizia, contrordine compagne toghe. Salta il dialogo dell’Anm con Meloni

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Rita Cavallaro 13 febbraio 2025

    «Non sono disposto a trattare nessuna modifica della riforma in cambio di alcunché: l’ho ripetuto allo sfinimento, per la semplice ragione che non ho – non abbiamo, spero e credo – nulla da offrire in cambio. Nulla. Non potevo aver programmato nulla (chi era presente a Roma, sa quali sono stati i j tempi e le modalità della decisione) sulla mia richiesta di essere ascoltati. Sono ragionevolmente certo che il Presidente del Consiglio – come molti di Voi – non avesse neppure idea della mia esistenza. Sono, per molti aspetti, più stupito di Voi della celere risposta. Vuol dire solo credo – che ci stavano ascoltando, con attenzione. E questo non è un male. Perché parlare, se non ci sono spazi di trattativa?». È un passaggio della lettera inviata ai colleghi da Cesare Parodi, il nuovo presidente dell’Associazione nazionale magistrati, colui che, appena eletto, aveva aperto a un confronto con il governo sulla riforma della giustizia e che, di fronte alla risposta positiva della premier Giorgia Meloni, è stato costretto a un dietrofront clamoroso. Perché per quanto Parodi sia espressione di Magistratura indipendente, la corrente conservatrice che ha incassato più voti alle ultime elezioni del sindacato, è già un capo “commissariato” dalle toghe rosse che, tra i seggi di Md e AreaDg, mantengono salda la maggioranza dell’Anm.

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    Nella missiva, Parodi non solo garantisce che la linea sarà quella dello scontro contro il governo, ma si anima dello “spirito di Palermo”, quello più integralista sfoggiato contro i porti chiusi di Matteo Salvini e che ha raggiunto l’apice con il congresso del maggio scorso, in cui sfilarono la segretaria del Pd Elly Schlein e il capo dei 5 Stelle Giuseppe Conte. Il presidente si impegna a fare da interprete dei desiderata delle correnti di sinistra che vogliono boicottare la riforma della giustizia. «Sino a qualche giorno fa, pochi tra voi mi conoscevano; oggi (purtroppo, forse) quasi tutti», scrive Parodi, sottolineando che «so perfettamente che molti di Voi la maggioranza, credo – nutrono dubbi sul mio operato e ancor di più sulle mie intenzioni». Il capo del sindacato rassicura, dunque, i più dubbiosi: «Sono da sempre totalmente, ontologicamente contrario a questa riforma e ancor più – alla prospettiva di assoggettamento del PM (quindi, indirettamente del giudice, che troverà sul suo tavolo ben poco da giudicare) al potere esecutivo. L’ho dichiarato da anni anche in dibattiti pubblici ai quali hanno assistito politici ai quali posso chiedere di confermarlo». Ridimensiona poi la sua iniziativa di dialogo con il governo a un semplice passaggio nel discorso che il capo aveva fatto ai suoi, non certo un annuncio formale, chiarendo senza mezzi termini la più totale aderenza alle battaglie già predisposte dalla giurisdizione, «Io confermo e condivido lo “spirito” di Palermo, in tutto e per tutto. La riforma è globalmente, in tutto e per tutto, non accettabile». Il presidente dell’Anm si dice «personalmente, stanco di un aspetto. Spiegare una volta per tutte – con chiarezza e direttamente, che noi ci opponiamo alla riforma perché crediamo sino in fondo nella Costituzione, come è oggi e per come è stata declinata, che vogliamo difendere un modo di essere magistrati nel quale ci riconosciamo e fare questo nell’interesse dei cittadini – credo non possa essere un male».

    Pubblicato da ergatto

    curiosi.....

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