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Salvo il terrorista-killer: “Pena estinta per Ventura”

Condannato per l’omicidio dell’agente Custra, si rifugiò in Francia. L’ok dei giudici d’appello: può tornare in Italia

Luca Fazzo 22 Novembre 2024 – 05:00

Salvo il terrorista-killer: "Pena estinta per Ventura"

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Scappare conviene, soprattutto se c’è la Francia pronta a ospitare il «rifugiato politico» di turno. Poi basta aspettare che il tempo passi, e alla fine arriva il perdono anche della giustizia italiana senza avere scontato un giorno di galera: anche se si è responsabili dell’assassinio di un agente di polizia, un ragazzo di venticinque anni che si chiamava Antonino Custra.

Da ieri Raffale Ventura, milanese, 75 anni, può tornare in Italia senza paura di venire arrestato. La lista dei nove latitanti italiani in Francia, arrestati tre anni fa nella operazione «Ombre Rosse» concordata tra i governi italiano e francese, e subito scarcerati dai magistrati transalpini, perde un nome. Su richiesta del difensore Davide Steccanella, la Corte d’appello di Milano ha dichiarato prescritta la pena inflitta nel 1996 a Ventura: pena già modica, quattordici anni di carcere per concorso in omicidio volontario. Giorni di galera scontati: zero. Quando arrivò la condanna, Ventura si era già rifugiato nella accogliente Parigi della «dottrina Mitterrand».

Nella lista dei nove latitanti di «Ombre Rosse», Ventura aveva un posto speciale: perchè il suo nome riportava a uno dei giorni più violenti degli «anni di piombo» milanesi. Il 14 maggio 1977 i collettivi dell’Autonomia Operaia, infestati da gruppi già passati al terrorismo, scendono in piazza con un arsenale mai visto e aprono il fuoco contro la Celere. Sono i momenti immortalati da foto divenute storiche: l’ultrà che spara a gambe larghe impugnando la pistola a due mani, i tre studenti del Cattaneo con i fazzoletti sulla faccia e i revolver in vista. Ventura era lì, alla testa insieme a Pietro Mancini del collettivo Rosso”. Erano stati quelli di Rosso” a farsi prestare dal terrorista di Prima Linea Corrado Alunni e a portare in piazza in un saccone le armi per l’attacco, un fucile a canne mozze, un revolver 38, una 7.65, poi distribuite in via de Amicis. Marco Barbone, il futuro assassino del giornalista Walter Tobagi, era lì, e il suo racconto inchioda Ventura: quando si stacca lo spezzone che apre il fuoco sulla polizia, «il Ventura aveva incitato i compagni a farsi avanti in via de Amicis». Un altro pentito, Enrico Pasini Gatti, dice: «il Ventura durante lo scontro era armato di pistola», e d’altronde una foto lo immortala con l’arma in mano, mascherato ma riconoscibile. «L’attacco contro la polizia – scrissero i giudici – fu cercato e voluto». E Ventura fu uno dei partecipanti «armati, travisati, militarmente inquadrati» che aprirono il fuoco contro la polizia, «un reparto rimasto completamente passivo».

Pubblicato da ergatto

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