Quell’asse tra pm e stampa amica sulle veline illegali e il ruolo del M5s
Cafiero de Raho, ora grillino, guidava l’ufficio da dove partivano i dossier
Luca Fazzo 2 Settembre 2024 – 06:00

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Non tutto torna, non tutto è chiaro. La mossa a sorpresa della Procura di Perugia di chiedere l’arresto di Antonio Laudati, ex sostituto procuratore nazionale Antimafia, e del finanziere Pasquale Striano aiuta a capire una cosa: che la gravità delle prove a carico dei due è ancora maggiore di quanto si avesse capito finora. Hanno lasciato tracce inequivocabili delle loro incursioni nelle banche dati segrete, hanno lasciato traccia dei file passati ai giornalisti amici e trasformati in diretta, quasi sotto dettatura, in articoli contro gli avversari politici di turno. E hanno lasciato traccia anche i maldestri tentativi di Laudati e Striano, una volta finiti sotto inchiesta, di manipolare l’indagine, di insabbiare le prove.
Poi, però, c’è il resto. Che riguarda due fronti: le complicità – o almeno le tolleranze – di cui i due godevano, e gli obiettivi con cui si muoveva l’alleanza tra magistrato, finanziere e stampa. Sulle coperture di Laudati esiste un dato inequivocabile: il flusso di notizie segrete che approdavano al Domani era sotto gli occhi di tutti da mesi, ed era evidente che le notizie erano alimentate quasi soltanto dalle Sos, le segnalazioni di operazioni sospette gestite dall’ufficio di Laudati e Striano. Quando alla Dna è arrivato il nuovo capo Giovanni Melillo ha impiegato mezz’ora a individuare il bubbone, e ha soppresso l’ufficio. Prima, il traffico andava avanti indisturbato sotto gli occhi del predecessore di Melillo: Federico Cafiero de Raho, oggi parlamentare 5 Stelle e vicepresidente della Commissione Antimafia. Era semplicemente distratto, Cafiero? No, secondo Laudati: che in una delle sue poche dichiarazioni pubbliche, nella primavera scorsa, disse a Repubblica: il mio capo sapeva tutto.
