La Sea-Watch specula sul naufragio di Palermo: il post polemico sui soccorsi
Senza alcuna onestà intellettuale, Sea-Watch ha impudentemente paragonato il naufragio dello yacht con i recuperi da loro effettuati in acque internazionali sui barchini dei migranti
Francesca Galici 20 Agosto 2024 – 07:35

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All’alba di lunedì 19 agosto, uno yacht di lusso con a bordo 22 persone, di cui 12 ospiti e 10 membri dell’equipaggio, è stato travolto da una tromba d’aria, ribaltato e affondato. 15 persone sono state recuperate da un altro veliero che in quel momento si trovava delle vicinanze mentre altre sei sono risultate disperse. Una di loro, il cuoco di bordo, è stato trovato già nella mattinata di ieri: il suo corpo era sul fondale a breve distanza dallo yacht. Altri cadaveri sono stati individuati dai sub all’interno dello yacht, visti attraverso gli oblò ma solo gli speleosub potranno estrarli. Questa tragedia, che coinvolge numerosi Paesi, inclusa l’Italia, è stata l’occasione per la Ong Sea-Watch di fare la più becera delle propagande, paragonando i migranti agli ospiti dello yacht.
“Speriamo che le 15 persone soccorse stiano bene e che non debbano essere portate a Ravenna, a Trieste o a La Spezia, a centinaia di miglia e a giorni di navigazione di distanza dal luogo del naufragio”, hanno scritto dall’organizzazione nel lor profilo ufficiale. È sgradevole dover spiegare perché l’esempio portato da Sea-Watch sia inappropriato, fuori luogo e perfino offensivo, ma date le loro parole e quanti (pochi) hanno dato loro ragione, è bene farlo. Prima di tutto, lo yacht è affondato a poche centinaia di metri da un porto, in acque territoriali italiane. Qualunque salvataggio venga effettuato in condizioni simili viene trattato nello stesso modo. Anche quelli che vedono coinvolti migranti, e di esempi ce ne sono numerosi.
