Ue, i burocrati ora vogliono imporci l’utero in affitto
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Alessandro Gonzato 09 marzo 2023
Tentativo scoperto: gli euroburocrati provano a sdoganare la maternità surrogata aggirando le decisioni politiche del parlamento Ue. La stessa maternità surrogata, ossia l’utero in affitto la cui pratica commerciale è stata definita dall’eurocamera «un fenomeno globale che espone le donne allo sfruttamento e alla tratta di esseri umani» ma che la direzione generale del personale – una sorta di sindacato interno dello staff del parlamento – tenta di accreditare portando la settimana prossima nella seduta plenaria una bozza di revisione dei congedi parentali per chi è diventato genitore tramite la maternità surrogata, dunque equiparata all’adozione. «Questa decisione si applicherà a tutte le coppie dello stesso sesso o eterosessuali che usano la maternità surrogata per ragioni mediche», si legge negli intendimenti del “sindacato”, «e il congedo può essere condiviso tra i partner se entrambi fanno parte dello staff del personale. Si applicherà anche a genitori single». A capo della Direzione Generale del Personale, che ha redatto il documento, c’è Kristian Knudsen, il quale è spalleggiato da Chiara Tamburini, che guida l’unità “Uguaglianza, Inclusione e Diversità” e ha gestito la segreteria del Comitato per Diritti delle donne e l’uguaglianza gender.
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«Questa decisione», prosegue la bozza sui congedi parentali, «è un passo avanti nella considerazione delle nuove modalità di riproduzione, e aggiorna il parlamento Ue sul tema». Gli euroburocrati tentano il golpe, e l’eurodeputata della Lega, Simona Baldassarre, responsabile del dipartimento Famiglia del partito, promette battaglia: «L’Europa non perde occasione per fare “lobbying” per l’utero in affitto», dice a Libero. «È l’ennesima prova che la burocrazia profonda spinge in questa direzione proseguendo il percorso della normalizzazione della pratica, fregandosene di cosa dicono i singoli Stati». In 7 sui 27 dell’Unione vige il divieto generalizzato della maternità surrogata: oltre all’Italia, Francia, Germania, Portogallo, Bulgaria, Malta e anche la Spagna il cui premier socialista, Sànchez, ha detto un “no” categorico alla pratica «che mina i diritti delle donne mercificandone i corpi».